Pteridofite: 400 milioni di anni e non sentirli.
In uno studio appena uscito sulla rivista scientifica Biodiversity Journal, viene analizzata la distribuzione delle felci in Sicilia
Una freschissima pubblicazione del valente Filippo Rizzo sul Biodiversity Journal (QUA l’intero articolo), aggiorna la situazione siciliana delle Pteridofite.
Le Pteridofite, una divisione di piante antichissime, sono il primo gruppo vegetale, dopo le Briofite, a colonizzare le terre emerse, circa 400 milioni di anni fa. Esse formarono estese foreste e nel Carbonifero (340-295 milioni di anni fa) dominarono il pianeta. Successivamente, a causa della supremazia delle Gimnosperme, andarono incontro a un rapido declino e ad oggi sono rappresentate da un modesto numero di famiglie. In Italia sono presenti con circa 130 specie.
La ricerca di Filippo Rizzo evidenzia che ben 58 delle specie presenti in Italia (poco meno del 50%) si trovano anche nel territorio della regione. Si tratta di un gruppo eterogeneo che raccoglie due taxon, le Lycopodiopsida e le Polypodiopsida. In Sicilia la classe Lycopodiopsida è presente con due famiglie, le Selaginellaceae, con la diffusissima Selaginella denticulata (foto sotto il titolo) e le Isoetaceae, che comprendono 5 specie di piccole felci che vivono in prati molto umidi o rive di stagni, come Isoetes todaroana, recentemente scoperta. Più articolata la presenza delle Polypodiopsida che annovera 14 famiglie. Questa classe include i taxon forse più diffusi e conosciuti, come Equisetum ramosissimum (il comune Equiseto ramosissimo, visibile presso corsi d’acqua e zone umide), Adiantum capillus-veneris (il Capelvenere, che orna anche le fontane di città), Ceterach officinarum, noto anche come Cedracca e utilizzato nella farmacopea per varie preparazioni, oltre a Pteridium aquilinum, Asplenium onopteris, e Polypodium cambricum ecc.
Vi sono entità piuttosto localizzate, confinate in poche aree o isole siciliane, come Pilularia minuta, Cheilanthes guanchia, Asplenium marinum, Asplenium septentrionale, o specie aliene che si sono in qualche modo naturalizzate (Azolla cristata, Azolla filiculoides, Cyrtomium falcatum e Nephrolepis cordifolia).
Purtroppo lo studio evidenzia anche la scomparsa di un paio di specie – peraltro rare e localizzate in Sicilia – da alcune stazioni note, si tratta della Phyllitis scolopendrium (Lingua cervina) dichiarata estinta a Lampedusa e Marettimo) e della Phyllitis sagittata (Scolopendria emionitide) non più osservata in località del Palermitano e della Sicilia occidentale
Un cenno a parte merita la Woodwardia radicans, una possente felce che può raggiungere i 3 metri di lunghezza. Essa è considerata una specie relitta del Terziario (70 mil. di anni fa), epoca in cui, grazie al clima umido tropicale, doveva estendersi diffusamente, e perciò un vero e proprio fossile vivente. Sul territorio italiano oggi è presente, in alcune località del Sud Italia, tra cui poche stazioni dei peloritani e dell’Etna, per lo più in remoti valloni umidi e freschi, ultime “aree rifugio” della specie.
La provincia di Palermo sembra essere quella che detiene il più elevato numero di specie, e in generale la parte settentrionale dell’isola, da ovest a est, risulta essere più ricca rispetto alle zone centro-meridionali. Un elemento importante in tal senso è giocato probabilmente da fattori ecologici, ambientali e climatici.
Questo studio, unito a ulteriori attività di monitoraggio, rappresenta un utile strumento per una maggiore tutela di questa particolare categoria di piante, tassello importante per la biodiversità vegetale siciliana.